Il libro si rinnova, ora è lui a giudicarci.

L’era digitale ha completamente cambiato il nostro modo di ascoltare musica, guardare film, comunicare con gli altri, viaggiare e anche e non ultimo il nostro modo di leggere i libri.

Tante piccole librerie hanno chiuso, e anche se le grandi case editoriali come Mondadori sembrano sopravvivere, il libro cartaceo è in pericolo d’estinzione. C’è chi ipotizza un futuro in cui le librerie saranno ancora pieni di libri rilegati perché il ruolo sociale del libro non passerà mai di moda- quanti di voi guardando i titoli dei libri in casa altrui?
Altri invece le immaginano piene di e-book sottili e tutti uguali. Il dibattito su quale delle due forme sia meglio è infinito. E se da una parte è innegabile la comodità degli e-book, grazie ai quali “I Fratelli Karamazov” di Dostoevskij ha lo stesso spessore dei racconti di Ronald Dahl; dall’altra la multisensorialità dei libri cartacei ci permette di avere un coinvolgimento maggiore in quello che stiamo leggendo, aumentando la nostra percezione. Non è ancora ben chiaro se la nostra memoria del contenuto testuale sia o meno influenzata, ma il libro cartaceo vive con noi, ingiallendosi, piegandosi, le pagine sottolineate rendendolo un po’ più nostro.

A questo proposito sono stati svolti diversi esperimenti, come quello del Technion Institute of Technology nel 2011, che ha evidenziato come non ci siano sostanziali differenze tra i due mezzi in una lettura di 7 minuti, ma se invece i soggetti avevano libertà di leggere libro o e-book per un tempo non determinato, allora coloro che leggevano la pagina stampata tendevano a ricordare di più il suo contenuto. L’argomentazione della memoria è però troppo debole per assegnare una vittoria all’inchiostro piuttosto che ai pixel.

Adoro i libri cartacei, le copertine sbiadite e l’odore delle pagine stampate, ma sono convinta anche della necessità di rinnovamento e di adeguazione ai nostri tempi. Le case editrici hanno capito che ormai la semplice vendita negozio-cliente non funziona più, così si sono ingegnate per riportare in voga il libro, soprattutto cercando di renderlo un oggetto social. Sul web impazzano iniziative originali come il “libro sospeso”: compri un libro e lo regali al prossimo cliente della libreria. Oppure come #ioleggoperchè. Inoltre vengono aperti profili Twitter e Facebook per rendere la lettura un momento dinamico e interattivo.

E se tutto questo vi sembrava già all’avanguardia per il mondo editoriale, non sapete ancora cosa è stato pensato e realizzato dall’artista Thijs Biersteker in collaborazione con lo studio design Moore: un libro la cui copertina ti giudica.
Un vero e proprio ribaltamento dell’idioma “non si giudica un libro dalla copertina”!
L’artista dice che il suo obiettivo era quello di promuovere la nostra facoltà di stupirci e emozionarci per la bellezza, abilità che si sta perdendo. Il libro deciderà di aprirsi solo quando potrà intuire nessun tipo di pregiudizio nel volto del lettore. Per fare questo è necessario allineare la faccia al disegno del libro, questa verrà scannerizzata e il Nxt software determinerà il tuo stato emotivo.

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Sono ancora indecisa sulla genialità si quest’idea, da una parte è affascinante che la ricerca sia in grado di umanizzare oggetti di uso comune, rendendo meno forte l’asimmetria nel rapporto uomo-oggetto. Credo, però, che potrei covare del risentimento nei confronti di un libro giudicante- mi basta mia madre.

La copertina che ti giudica non è però l’unica innovazione tecnologica in questo ambito. In particolare gli ingegneri del MIT hanno cercato di compensare la nostra immaginazione con il Sensory Fiction wearable book, un giubbottino che permette con dei particolari sensori di far vivere al lettore le stesse emozioni dei protagonisti del libro attraverso il cambiamento delle luci, della temperatura e della strettezza in vita del giubbino.

Valentina Villa

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