Day: 5 febbraio 2015

Small eyes – Walter Keane e l’arte contemporanea

Margareth e Walter Keane dipingono nel loro atelier - 1957

Margareth e Walter Keane dipingono nel loro atelier – 1957

Ho appena finito di vedere Big Eyes, l’ultimo film di Tim Burton sulla pioniera del Pop Surrealism americano Margaret Keane; scruto con lo sguardo le altre persone in sala e cerco di intuire sui loro volti un sorriso o qualche altro segnale della seduzione del cinema. Al cinema le cose si capiscono sempre meglio.
Ho notato che noi tutti abbiamo gli occhi molto più piccoli di quel che potrebbero essere.

Non voglio parlare del Tim Burton regista e nemmeno dell’arte della Keane; di teoria e di critica nei loro confronti se ne trova già moltissima. – qui la recensione del film
Però voglio fare una precisazione. Io sono solo un giovane critico d’arte contemporanea e Big Eyes, nonostante le apparenze – oltre alla realtà storica e al delicato surrealismo con cui Burton la racconta – di sicuro ci vuole narrare qualcosa che accade ancora fortissimamente a tutt’oggi nel sistema dell’arte contemporanea.
Un sistema di cui è emblematico il personaggio del marito di Margaret, l’abile uomo d’affari ed eccellente comunicatore Walter Keane: egli riesce a impadronirsi non solo dei diritti del lavoro intimo e creativo della moglie ma addirittura ad impossessarsi di una merce ancora più preziosa, la sua identità umana. Del resto, bisogna considerare che probabilmente senza l’operato subdolo del marito noi oggi non conosceremmo l’artista Margaret; ma questo può giustificare l’operato di Walter?

E’ bene rendersi conto che l’immaginario comune riguardo l’artista non equivale quasi mai alla realtà dei fatti, soprattutto per quanto concerne l’arte moderna e contemporanea. Chi sono questi artisti contemporanei? Esseri timidi e sensibili? Dei ribelli dannati? O forse degli abili e intelligentissimi professionisti del settore che, invece di vendere pentole, si dichiarano artisti tutto d’un tratto, magari perché hanno letto due libri sull’argomento?
Certamente non è così facile stabilire chi e quanti, ma sono sicuro che la maggior parte degli artisti contemporanei riconosciuti hanno più tratti in comune con Walter che non con Margaret.
Oggi si può tranquillamente affidare il lavoro manuale e artigianale a un altro, senza più il bisogno di sfruttare la vena artistica della propria consorte. Questa pratica, riconosciuta come una “operazione concettuale”, è accettata, persino incoraggiata e studiata nelle accademie di belle arti. Artisti ventenni, freschi di laurea, sentendosi in grado d’installare un semplice oggetto o qualsiasi altra esposizione in una delle tante biennali in giro per il mondo, si giustificano attraverso due parole banali, un articolo di giornale, o addirittura spiegando che lo faceva pure il grande Duchamp – tanto per sfruttare un format già esistito, e tra l’altro, vecchio di cent’anni.

In fondo non conta più nemmeno chi ha avuto per primo l’idea. L’importante è avere il mondo dell’editoria e dell’arte dalla tua parte. Se ce l’hai in pugno, quel mondo, puoi far oscurare chi vuoi. Puoi far credere quel che vuoi.
Oggi è facile essere artisti: devi essere furbo e se sei bravo a parlare è molto meglio. E se non sai parlare, sei ancora più cool, prova a fare il tenebroso taciturno.
Le pubbliche relazioni sono importanti: vai alla festa di quella galleria, vai a letto col critico, fai amicizia coi giornalisti, le riviste. Comportati come una puttana! Non arrenderti mai! Mettici sempre la faccia! Provaci! Provale tutte! Vai Walter! Vai…

Adesso anche chi non conosce il sistema dell’arte contemporanea ufficiale, avrà notato subito che l’impegno che si mette nell’attività mondana non lascia quasi spazio alla creatività e alla ricerca. E’ questa la verità.
Tutti quegli artisti introspettivi e silenziosi, che lavorano sodo solo per il piacere di farlo e non per una ricompensa in denaro e successo, hanno difficoltà maggiori a venir fuori. Complice anche la timidezza, la paura, la troppa sensibilità. Forse non si vestono appropriatamente – vi assicuro che io stesso ho sentito spesso fare questi discorsi. Ma soprattutto: non sanno vendersi, né parlare bene del proprio lavoro.

Come fare allora per aiutare tutte le altre Margaret Keane?
La storia dell’arte degli ultimi anni è ricca anche di vicende straordinarie, non dobbiamo dimenticarlo. Tocca a noi critici e studiosi volgere lo sguardo al di là dello sguardo comune. Aiutare il vero artista, spronarlo e caricarlo.
Dargli una voce, un microfono. Difenderlo.
Il nostro impegno quotidiano dovrà essere quello di indignarci per coloro che approfittano di un sistema malato e vecchio, e d’altro canto, quello di ricercare coloro che fanno della poesia la loro passione, che si sporcano le mani di pensieri e di emozioni, colore, creta, ferro, legno.
Diamo noi il buon esempio. I nostri occhi devono tornare a essere grandi.

Gabriele Arcangelo Esposito