Thanos Anastopoulos ce ne aveva parlato anni fa, raccontandoci con poetica e indignata rassegnazione le impossibili condizioni di vita della popolazione greca.
Regista colto e raffinato, nel 2013 ha infatti presentato al Berlin International Film Festival la commovente storia di Myrto, una ragazzina di 14 anni pronta a rapire il figlio di un locale banchiere in un disperato ed ingenuo tentativo di salvare la falegnameria paterna strozzata dai debiti; una trama che per soggetto e intensità drammatica si pone come termine medio tra il realistico ma scanzonato La gang della spider rossa e l’esagerazione grottesca di Io non ho paura, ma che sopratutto leva un alto grido di dolore sull’attualità greca con l’acutezza che solo l’arte engagé può dimostrare.
H Κόρη, La figlia, questo il titolo del lungometraggio che abbandona lo stile astratto e sognante del primo Anastopoulos in favore di quello che è stato giustamente affiancato al realismo sociale della British New Wave cinematografica degli anni ’50 e che negli intenti mi spingerei a paragonare perfino alla potenza figurativa di artisti come Käthe Kollwitz, George Grosz o Otto Dix.
Anche loro infatti, pur nel diverso contesto della Germania degli anni ’20, intendevano denunciare uno stato di cose, piegarsi al quale sarebbe stato moralmente inaccettabile: un’oppressione a cui rispondere, sulle macerie della Grande Guerra, con l’ennesimo conflitto. Non più una lotta tra Stati, ma di classe.
A ben guardare possiamo trovare più d’una somiglianza tra quella realtà storica e il panorama attuale. Infatti, sebbene abbia cause economiche del tutto differenti, ciò che oggi succede in Grecia ha gli stessi effetti sociali descritti dai testi di storia in riferimento alla Repubblica di Weimar. Siamo di fronte all’inasprimento di una “guerra tra poveri” che vede contrapporsi disperati ad altri disperati nel vano tentativo di restare a galla senza annegare nei debiti, esattamente quello che succede nella verosimile finzione cinematografica immaginata da Anastopoulos. Se allora i colpevoli del clima di tensione erano gli industriali arricchiti dalle commesse di guerra, oggi la responsabilità della difficile situazione greca va addossata in toto al governo Samaras, che dal 2012 ha portato avanti un piano di austerity intransigente e cieca utile all’esigua élite di censo a discapito della maggioranza della popolazione. Il che, nella culla della democrazia occidentale, è molto triste a maggior ragione perché avallato dai piani economici europei promossi in primo luogo dalla Germania, totalmente dimentica del suo stesso passato.
Eppure qualcosa sta cambiando: la vittoria di Tsipras alle elezioni anticipate di ieri, netta anche se non ha ottenuto la maggioranza assoluta, dimostra la volontà del popolo ellenico di modificare la rotta in senso egualitario. Il che, inevitabilmente, collide con le posizioni della Troika; quella greca è dunque una scelta anti-europea?
A costo di utilizzare un linguaggio politico antiquato, risponderò così: “Non diciamo corbellerie“.
E mi sento anche di aggiungere: “Non c’è alcuna guerra tra Stati ricchi e Stati poveri all’interno dell’Unione. L’unico elemento disgregante è semmai la differenza di classe, che ha raggiunto anche in Europa livelli preoccupanti”. Un’evidenza che purtroppo possiamo verificare semplicemente uscendo di casa.
Ma per i più scettici c’è un’ulteriore conferma di questo punto, chiarito efficacemente dal quantitative easing della BCE, meglio conosciuto come “il bazooka di Mario Draghi”. Una chiara dichiarazione di intenti che a prescindere dall’efficacia della manovra riconosce come il più grande problema dell’Eurozona sia l’assenza di una diffusa crescita economica; da qui deriva la pericolosa concentrazione della poca ricchezza prodotta ad oggi e lo sproporzionato aumento della forbice sociale, problemi a cui è assolutamente necessario porre rimedio, come sta avvenendo sia in Grecia sia nei caveau della Banca centrale.
E in Italia? Per come la vedo io non possiamo che imboccare la strada indicata dalla Grecia, ancora una volta culla di democrazia, evitando i pericolosi tranelli dei populismi e degli estremismi fascisti. Loro con Pasok e Alba Dorata ci sono riusciti, noi ce la faremo con Renzi e Salveeenee?
Giulio Bellotto