Un universo distopico ospita “Harvest”, la storia di un uomo e della sua famiglia. Talmente poveri da condividere un bagno con altre duecento famiglie in un caseggiato enorme che sfida in altezza i grattacieli sotterranei di Metropolis, i Prakash si arrabattano come possono per sopravvivere finché Ohm decide di diventare un donatore di organi nonostante i dubbi della moglie Jaya.
E allora ecco che il sistema li protegge e li coccola perché i loro organi siano sani per chi li riceverà, un ricco straniero che si fa conoscere solo attraverso un monitor. Ma arriva il tempo della raccolta..
Teatro Ma presenta agli spettatori del Play Festival una pièce originale ispirata alla migliore fantascienza, forse un po’ macchinosa sopratutto nella conclusione improvvisa e spiazzante ma composta di personaggi credibili e ben interpretati dai giovani attori.
La regia dirige ed orchestra una rappresentazione dai ritmi precisi e dagli spazi scenici definiti grazie a una scenografia semplice e pulita.
L’impianto evidentemente cinematografico dello spettacolo, che ricorda da vicino per temi, soluzioni drammatiche e riferimenti alcuni film di successo del genere thriller, è al contempo punto di forza e di debolezza del dramma poiché piega i tempi del teatro a quelli della suspense e del brivido. Con stile, questo è certo.
Giulio Bellotto