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Il villaggio di Pescatori di Scarabottolo all’Affiche

È il 29 ottobre, l’orologio punta 18.30 e, in mezzo al fragore dei partecipanti, si staglia sul muro, candida, la proiezione di un uomo con in testa un pesce. Siamo alla galleria L’Affiche di Milano e il pescatore, alto sei metri, è solo la parvenza dell’entità in ferro che fino a pochi giorni fa dominava il cluster Isole, Mare e Cibo di EXPO.

Partendo da questo monumento, spesso pochi millimetri, Scarabottolo anima lo spazio della galleria rendendolo un piccolo villaggio di pescatori gaudenti, al quale si accede osservando per il corridoio un acquario di ferro. La mostra “Wish”, nel suo essere manifestazione di un esercito degli umili, concilia l’interesse dell’illustratore per il design, espresso nella serie di disegni delle sedie antropomorfiche, veri esercizi di stile sul tema, e quella che lo stesso autore ha definito nel suo Elogio della Pigrizia come la “riposante disciplina della sintesi”.wish

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Il Menu della Poesia

“Il primo ristorante itinerante che non nutre il tuo corpo ma la tua anima”.

Sabato pomeriggio, in Brera, due giovani attori hanno nutrito le anime dei passanti, deliziandoli con meravigliose poesie. L’atmosfera che hanno cercato di creare è quella di un ristorantino raffinato; vestiti elegantemente da camerieri, facevano accomodare i clienti su due graziose sedie con di fronte un piccolo tavolino su cui erano poggiati libri di poesie. (altro…)

Il volto di Milano il Primo Maggio

Il volto autentico di Milano è quello, positivo nobile e bello, dell’apertura dell’Expo al mondo e al futuro. […] Il volto autentico sono i bambini che cantano l’inno e i milanesi che stanno già rimettendo ordine in città.

Queste le parole che, da Palazzo Chigi, commentano gli atti violenti del Primo Maggio avvenuti durante la manifestazione No Expo a Milano.

Il volto vero di Milano però è anche la manifestazione pacifica dei dissidenti, perché mi piace pensare che la piazza della mia città sia un luogo di confronto di idee e di persone con idee diverse che non abbiano paura ad esprimerle. Quindi se proprio dobbiamo rimanere sull’immagine metaforica del volto preferisco una faccia schizofrenica dalle mille espressioni, che non un apatico consenso, cieco di fronte ai limiti e ad alcune contraddizioni innegabili dell’esposizione universale.

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Ma quando la protesta è diventata pretesto per un’azione di odio e violenza contro la città? Alla prima scritta su un muro? Alla prima bomba carta o alla prima macchina bruciata?

Così il volto di Milano si è corrucciato e tutti si dichiarano indignati. i manifestanti No Expo pacifici dicono che non potevano immaginarlo, che loro si dissociano, gli Expottimisti che questa è una figuraccia ben peggiore dei padiglioni non finiti, tutti gli altri fanno foto alle vetrine rotte, #vergogna.

Indignazione che si è presto trasformata in nuovo odio, perché per gli amanti del genere “capro espiatorio”, dopo il video delle due ragazze rom tredicenni, ecco che gira l’intervista ad un presunto black bloc, tradotta in “E’ giusto spaccare tutto”. Adesso girano già su Facebook il nome e l’indirizzo del ragazzo e gruppi che incitano ad andarlo a cercare per “un’azione punitiva”.

Fortunatamente non esistono solo i leoni da tastiera e le loro proposte controproducenti, ma da ieri sera alcuni cittadini si sono mobilitati, anche attraverso i social, per aiutare l’AMSA a pulire Milano. #RipuliamoMilano. Ormai non c’è niente di più aggregante di un bel per unire il popolo del web. Come ben sanno anche i nostri amici vandali, anche se forse è ancora lontano dalla loro comprensione il vero significato del simbolo, oppure troppo abituati ai smartphones hanno dimenticato che i muri delle case non sono come la bacheca di Facebook…

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Così ieri sera ci siamo trovati in un gruppetto di dieci persone capitanati dall’attivissima Carolina Paulesu, che con Anna Tagliabue ha creato l’evento su Facebook (La Stampa parla di noi!), armati di guanti, sacchetti della spazzatura e buone intenzioni; lungo via Boccaccio abbiamo poi incontrato un altro gruppo di ragazzi anche loro pronti a pulire con alcol e stracci e insieme abbiamo iniziato a grattare via i graffiti dalle vetrine- quelle non rotte.

Un barattolo di passata biologica di sicuro lanciata contro gli sprechi di Expo

Un barattolo di passata di pomodoro biologica probabilmente lanciata contro gli sprechi di Expo

Il gesto reale di per sé non è stato nulla di grandioso, soprattutto rispetto a quanto ha fatto l’AMSA in modo efficientissimo e velocissimo, ma è stato bello rendersi utili e vedere quante persone supportassero l’iniziativa. Alcuni ragazzi si sono fermati ad aiutarci, una macchina ci ha regalato un pacchetto di sigarette (nessuno ha fumato con l’alcol in mano) e un condomine ci ha portato dei panini con il prosciutto- che poi abbiamo portato ai senzatetto a Cadorna.

Sta mattina guardando la televisione un giornalista valutava i danni nella zona Carducci-Cadorna non particolarmente gravi o evidenti e si complimentava con l’AMSA per il buon lavoro svolto. Tutto senz’altro vero se non fosse che per chi è abituato a vivere a Milano, e non solo in quella zona, vedere più di cinque carcasse di macchine bruciate e vetrine e semafori spaccati non è poco grave. Per questo i ragazzi che pulivano con noi venivano da San Siro, Porta Romana, zona Sempione, Paderno e altre zone di Milano e dintorni, perché per molti è stato difficile rimanere indifferenti e accettare la violenza e il vandalismo come qualcosa di incontrastabile. Perché cancellare le scritte da un muro non è solo un gesto civile di chi non vuole che casa sua sia imbrattata, ma è la risposta di chi pensa che le dimostrazioni violente non veicolino nessun messaggio, che non è con la paura e con le minacce che ci si fa ascoltare. In più questa protesta violenta è contro Expo che ormai non può essere annullata, i soldi sono stati spesi, parte dei padiglioni costruiti, quindi tanto vale farla funzionare in modo che i guadagni attutiscano le perdite.

Mentre stavamo pulendo una vetrina due ragazzi ci hanno chiesto se era la vetrina del nostro negozio e la risposta è stata “No, ma è la nostra città”.

Valentina Villa