cinema

L’esordio di Adriano Valerio con Banat (Il Viaggio)

Adriano Valerio è una delle nuove facce del cinema italiano, un cinema che narra di una gioventù spaesata, di una gioventù che deve far fronte all’età adulta. Indirettamente diviene promotore di una generazione alla ricerca di una propria strada oltre i confini della propria patria. È romanziere della “fuga di cervelli”, di una generazione che per trovar fortuna emigra per costruire un progetto a lungo termine. Il suo cinema segue queste orme tematiche già dal suo cortometraggio 37°4 S (vincitore di numerosi premi tra cui un Certain Regard a Cannes); ed ora si presenta al grande pubblico con Banat, in competizione l’anno scorso alla Settimana della Critica a Venezia, ed ora in concorso come Miglior Regista Esordiente ai David di Donatello.

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Ave, Cesare! Lo stereotipo che rievoca gli stereotipi

Ancora una volta i fratelli Coen tornano al cinema con una commedia sottile e ironica. Riprendono la tematica della “macchina di Hollywood” per ricreare un cinema che parla del cinema stesso. Lo fanno con una mente lucida e creativa per poter donare ad un lontano passato una patina brillante e mai banale.

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Sympathy for the Devil & One plus One di Godard

Una settimana fa la nostra pagina Fb è arrivata a 666 Mi Piace e noi ci siamo illuminati pensando alla storica Sympathy for the Devil della one band standing (tra le leggende del rock) The Rolling Stones. È una delle canzoni che ha segnato la storia del rock’n’roll, una delle più citate, una delle più controverse ed una delle più scandalistiche.

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40 anni di Qualcuno volò sul nido del Cuculo

Era il 19 novembre 1975 quando venne proiettato in contemporanea a Los Angeles e New York per la prima volta Qualcuno volò sul nido del cuculo. Sono passati quarant’anni e non è ancora invecchiato, è rimasta su di esso una patina di contemporaneità che lo rende uno dei film più influenti e affascinanti nelle storie del cinema. “Storie” perché il cinema non è una storia unica, è un insieme di storie che intrattengono, fanno riflettere ed emozionano. Questi sono tutti gli ingredienti che questa perla del cinema è riuscita a racchiudere dentro di sé. (altro…)

The Lobster e il cinema dell’ Assurdo di Lanthimos

Yorgos Lanthimos, regista greco, ex alunno della Stavrakos Film School di Atene, riporta sul suo palmarès una notevole carriera artistica. Quattro sono i film da lui diretti singolarmente ed ognuno di essi ha riscosso un notevole successo. Kinetta (2005) è stato selezionato al Toronto Film Festival. Kynodontas (2009) ha vinto alla sezione Un Certain Regard a Cannes ed è stato inoltre candidato come miglior film straniero ai Premi Oscar del 2011. Il suo quarto film Alps (2011) ha vinto a Venezia il Premio Osella per la migliore sceneggiatura (firmata Yorgos Lanthimos e Efthimis Filippou che ha inoltre co-sceneggiato Kynodontas e The Lobster). Infine il suo ultimo film, The Lobster, quest’anno ha portato a casa il Premio della Giuria al Festival di Cannes.

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Oltre il sentimento: Apollo, Odeon, Stato e Mercato.

Nel corso di questa settimana sono stati annunciati due accordi che tolgono a Milano due tra i più importanti e storici cinema: Lo Spazio Cinema Apollo e il The Space Odeon. Dispiace perdere in un colpo solo due magnifici luoghi di ritrovo di tanti milanesi. L’Odeon è per molti giovani milanesi un luogo dove passare i pomeriggi dopo scuola, o dove vedere le prime dei grandi film. L’Apollo invece, più piccolo per dimensioni, ma non per questo meno importante, ha riaperto nel 2005 dopo i lavori di ristrutturazione. (altro…)

Le mie tre rivoluzionarie scoperte inglesi sul film-making

Cosa non ci dicono sui film in Italia? Mi chiamo Adele, sono una studentessa milanese di cinema alla University of Arts a Londra, e in quest’articolo vi racconterò tutto ciò che ho imparato nel Regno Unito sul cinema.  Vista la mia formazione classica, arrivai a Londra per la prima volta con un approccio al cinema soprattutto teorico e filosofico: infatti il sistema scolastico italiano si focalizza soprattutto sui concetti, una gran parte di ricerca e solo in un secondo momento sull’aspetto pratico.
Come molti sanno, il sistema Britannico invece si concentra meno sullo studio della letteratura e della storia dell’arte, però include lo studio di questioni di attualità e un approccio più concreto alla disciplina. Questa prospettiva era per me particolarmente allettante ed inoltre mi ha permesso di combinare i due approcci in modo da formare un’ idea personale di cosa significhi fare cinema.

Pronti alle tre rivelazioni?

1. IL MONTATORE COME NARRATORE – EDITING DELLA DOMANDA E DELLA RISPOSTA
La più importante scoperta che ho imparato fin ora è questo approccio al montaggio della fiction. Esso si basa sull’idea che la successione di immagini, il loro ordine, i tagli, le transizioni, i titoli e tutto quello che rientra nella post produzione del film non fa solamente parte di un processo di rifinitura finale, ma è il vero significante e cuore pulsante della creazione. Ad esempio: quando devo tagliare dalla inquadratura 1 alla 2? Non bisogna affidarsi quasi per nulla alla continuità dell’azione mostrata nella scena! L’aspetto chiave di quest’approccio all’editing è di creare un ritmo concettuale che riesca a connettere la crew con il pubblico. Bisogna tagliare quando il pubblico è pronto. Sostanzialmente è necessario costruire l’intero progetto del film su questa struttura di domanda e risposta: mostrare una parte dell’azione e lasciare che il pubblico si chieda “ Perché il protagonista è triste?”, solo allora si deve tagliare sul controcampo. “Con chi sta parlando?”/”Dove ci troviamo?”/”Che cosa sta cercando?”.
Se prima per me il montaggio era solo il procedimento necessario che il film doveva attraversare per essere mostrato ad un pubblico, ora capisco il perché sia importante insistere sul fatto che l’editor è un narratore a tutti gli effetti.

2. LA COMPOSIZIONE GEOMETRICA DELL’IMMAGINE: FORME E VOLUMI
La seconda sorprendente scoperta che voglio approfondire è come inquadratura possa trasmettere molto più di quanto si pensi. Qualsiasi amante del cinema almeno una volta nella sua vita avrà cercato su Google “Le regole dell’inquadratura” ed io già le conoscevo prima di iniziare l’università. Tuttavia queste regole di per sé non sono assolutamente sufficienti per permetterti di diventare un buon direttore della fotografia. La magia si nasconde nel come queste regole devono essere applicate per sostenere la tua storia. Ci sono tre aspetti principali che mi hanno aiutata a sviluppare la mia concezione:
I. Il tipo di inquadratura deve servire la storia e non il contrario.
Questo può sembrare scontato, ma è un classico errore dei film-maker amatoriali. E’ importante abolire questa tendenza a girare un primo piano o per mostrare l’espressione del nostro personaggio o perché vogliamo ottenere una profondità di campo cortissima che va molto di moda. Quello che dovremmo chiederci quando scegliamo il taglio dell’inquadratura è “qual è l’azione principale rappresentata in questa sequenza, come progredisce la storia e qual è la prospettiva migliore per valorizzarla”. Questi sono i criteri per disegnare lo storyboard e per scegliere le inquadrature.
II. Ribaltare le immagini per bilanciare i volumi
Ogni immagine in un film, come anche in pittura, deve possedere un equilibrio di volumi. Dal momento che noi percepiamo gli attori come qualcosa di diverso rispetto ad oggetti o mobilio, il consiglio vincente per comporre l’immagine è di guardarla ribaltata e possibilmente anche fuori fuoco.
III. La forma degli oggetti trasmette emozioniimages
In università seguii un workshop che mi fece riconsiderare la scenografia da un diverso punto di vista: le varie forme stimolano il nostro cervello ed evocano emozioni diverse. Partendo dalla “sezione aurea” greca fino alle forme geometriche semplici come i triangoli, cerchi e quadrati; avere oggetti sul set influenzerà l’opinione pubblico! E non solo oggetti di scena, ma anche le posizioni degli attori: ad esempio, guardate questa composizione in una scena del film di Tarantino “Le Iene”, i corpi degli attori formano diversi angoli vivi in modo da comunicare una sensazione di pericolo e disagio.

3. L’ARTE DELLA GRADAZIONE DEL COLORE
Recentemente ho partecipato ad un corso sulla gradazione di colore con un colorista professionista. All’inizio mi aspettavo una spiegazione completa sui software e sui mezzi tecnologici coinvolti, invece mi sono trovata ad assistere ad una discussione molto più profonda ed interessante su cosa sia esattamente la gradazione di colore e quanto influenzi il proprio significato del film. Sostanzialmente c’è un’enorme differenza tra la correzione del colore e la gradazione del colore, la prima è solo un aggiustamento estetico delle tonalità dell’immagine per valorizzare meglio il file grezzo, mentre la gradazione è una vera e propria arte che permette di aiutare la storia e di trasmettere emozioni grazie all’uso di gamme e sfumature particolari. Pertanto i coloristi sono considerati come dei pittori digitali, artisti che possono realmente cambiare la bellezza e il significato del film, cambiando di colpo la sua qualità da amatoriale a professionale. La gradazione del colore è essenziale e chiunque voglia fare un salto di qualità rispetto ai cortometraggi amatoriali deve tenere in considerazione lo studio di quest’arte PRIMA di iniziare ad imparare i programmi.

Più scrivo più mi vengono in mente altri argomenti che vorrebbero essere scritti, ma la nostra lista delle tre migliori scoperte è completa e così vi saluto con la speranza che apprezziate questi suggerimenti e che abbiate imparato qualcosa di nuovo. E siccome nel film-making la collaborazione e la condivisione sono centrali, commenti e domande saranno molto apprezzate.

L’articolo è la traduzione di  My three groundbreaking british discoveries on film-making

di Adele Biraghi

My three ground-breaking british discoveries on film-making

What is it that they don’t say about film in Italy? I’m Adele, a milanese filmmaking student now attending University of Arts London and in this article I’ll try to give you my top tips I learned about film in the UK.
As a former Liceo Classico student, I arrived in London with a theoretical and philosophical approach to cinema; as the Italian school system always focuses on concept, much research and only later on the practical aspect. As you may know, the British school system is based on a much smaller study of literature and art history, but on the contrary gives more space to topical debates and a hands-on approach. This shift of perspective is what I was particularly interested in when I had to chose where to accomplish my higher education and now I’m learning to combine the two approaches in order to form my very personal idea of what doing film means.
Ready to find out these 3 revelations?

1. THE EDITOR AS A STORYTELLER – QUESTION/ANSWER EDITING
The first and most important finding to me has been this approach to editing fiction. It is based on the idea that the succession of images, their order, the cuts, transitions, titles and anything you will do in post production with your film is not just part of the process of finishing up but it’s its very meaning and beating heart. For example: when do you cut from shot 1 to shot 2? You shouldn’t rely on the continuity of the action shown in the frame almost at all! The key aspect of this approach to editing is setting a conceptual pace that connects the crew with the audience. You are supposed to cut when your audience is ready for it. You basically construct you whole film following a question-answer structure, by showing a bit of the action and letting your audience ask themselves: “Why is he sad?” only then you cut to the reverse shot. “Who is she talking to?” /“Where are we?” /”What is he looking for?”. So if before editing for me was just a necessary process I had to go through before my film was ready to be shown, now I see why they insist so much on the editor being a storyteller.

2. THE GEOMETRIC COMPOSITION OF THE FRAME: SHAPES AND VOLUMES
The second surprising discovery I want to explore is how framing can convey much more than we are used to think. Every film lover has googled “framing rules” at least once, and I was well aware of them before starting university. But those rules are absolutely not enough to make of you a good cinematographer. The real unspoken magic is how to use those rules to enhance your story. There are three aspects of it that helped me a lot develop my thinking.
First: The shot should serve the story not vice versa
This statement, trivial as it may appear, is what the majority of amateur filmmakers get wrong. We have to abolish this tendency to decide to shoot a close up because we want to show the expression of our character or because we absolutely want to have that super fashionable shallow depth of field. What we really need to ask ourselves in order to chose the right shot is “what is the most important action that is being portrayed in this scene, how is the story progressing and what is the best visual option to show it”. This is how you storyboard, this is how you decide shots.
Second: Overturn the image to balance volumes
Every image, in film as well as in painting, has to bear a balance in its volumes. Since we tend to see actors as something different from props and furniture, a winning tip to compose your image is to look at it upside down and possibly out of focus as well.
Third: Shapes of object convey emotionimages
Something that made me think of set design from a different point of view is a workshop we had on the fact that shapes appeal to the human mind and they actually evoke a different feeling, from confidence to anger. So starting from the Greek “golden section” to basic geometric shapes like triangles, circles and squares; having objects on set will affect your audience! It is not just objects that can be played with, but also actors’ positions! As an example, look at this composition from Tarantino’s “Reservoir Dogs”  where the actors bodies form several sharp corners to give an idea of danger and unease.

3. THE ART OF COLOUR GRADING
I recently attended a colour grading course with a professional colorist. I went there expecting a full explanation of softwares and technology involved but instead I found myself listening to a much deeper and more interesting discussion on what colour grading really is and how much it can affect the very meaning of film. So basically there’s a huge difference between “colour correction” and “colour grading” where the first is just an esthetic adjustment of the tones of the image to enhance the original raw file, whereas grading is a complete art of helping the story and conveying emotions using particular gammas and shades. Therefore, colorist are considered digital painters, artists who can actually change the beauty and meaning of the film from crap to Hollywood-like quality.
Color grading is essential and whoever wants to make a jump from amateur short films to a higher level should consider studying the art of colour grading BEFORE they start playing with the software.

The more I write the more topics pop into my mind asking to be written down but our top three discoveries list is complete so I’ll have to leave you here =)
I hope you enjoyed reading this and you learned something new. After all filmmaking is all about collaborating and sharing, so any comments or questions are appreciated.

Adele Biraghi