Aladdin

A day in the life. Un Grazie a David Bowie

Mi sveglio. Ieri ho fatto tardi; prendo il telefono per vedere l’ora. Messaggi su messaggi: non c’è più. Se ne è andato e non ritornerà più. David Bowie.
David Bowie. David Bowie.
Non capisco. David Bowie, è morto; resto incredulo, nel letto, ancora qualche minuto.

Ma come è possibile?
Mi guardo allo specchio; devo farmi la barba. Che cosa stanno dicendo?
Mentre passo il rasoio sulle mie guance rosse per l’acqua calda, mi rendo finalmente conto; David Bowie non c’è più, lo testimoniano i miei occhi lucidi mentre sono qui, in piedi, e fisso la mia immagine riflessa.
E adesso, che cosa faccio? Metto su della musica? Non voglio sentire niente di suo, mi renderebbe ancora più triste. Non posso farne a meno, però.
Sono un tipo maniacale, o tutto o niente. Come posso pensare di ascoltare l’intera discografia di un artista così produttivo nel poco tempo che ho a disposizione, prima di dover tornare alla vita reale? Un artista che a ventidue anni, la mia età, per intenderci, pubblicava “Space Oddity”.

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