Oh my Henry James

Il saggista Richard Chase ne Il romanzo americano e la sua tradizione ha definito la letteratura americana come “poesia del disordine”, degli estremi, della contraddizione e del simbolismo. Ciò è evidente nelle poesie di Walt Whitman o di Emily Dickinson, ma anche nel celeberrimo Moby Dick di Melville ed andando più avanti nel tempo nei romanzi di Mark Twain ed Hemingway. In questo disordine letterario non può mancare la figura del padre del romanzo moderno americano: Henry James.

James, chiaramente influenzato dal concetto di Stream of conciousness coniato dal fratello William, sviluppa la funzione narrativa del punto di vista. Benché per la maggior parte dei suoi romanzi la narrazione avvenga in terza persona, il narratore non è mai onnisciente, ma diventa osservatore fallibile dei personaggi, nessun giudizio è mai definitivo, la coscienza e il sé dei personaggi sono sempre in divenire.

La vita umana si distingue in due aspetti: l’insieme dei fatti ed eventi della nostra biografia e la vita attraverso cui viviamo, ciò che dà senso alla nostra esistenza. In questa prospettiva il romanzo moderno, e in particolare Henry James, indaga come queste due forme di esistenza si allontanano e si toccano vicendevolmente nelle vicissitudini dei personaggi: da una parte il tema sempre presente della mondanità e del pettegolezzo, dall’altra l’istintività, o come la chiama Giorgio Agamben, “la bestia nella giungla” (Henry James pubblica il racconto La bestia nella giungla nel 1903), qualcosa che attende da sempre in agguato agli angoli della vita, e che un giorno immancabilmente spiccherà un balzo per mostrare la vera verità.

Un esempio di questa doppiezza è evidente in un interessante racconto dello scrittore americano, La vita privata, dove si combinano il fantastico e il satirico. L’affascinante Lord Mellifont (che l’assonanza con mellifluo non sia casuale?) esiste solo sul palcoscenico della mondanità, appena viene lasciato da solo svanisce nel nulla; al contrario il signor Vawdrey si sdoppia: il genio rimane nella sua camera a scrivere le grandi pièce teatrali, mentre l’altro intrattiene gli ospiti della casa.

Così anche in Ritratto di Signora (1881) le persone non sono mai quello che sembrano, Gilbert Osmond, marito di Isabel Archer, mostra subito dopo il matrimonio la sua vera personalità fredda e calcolatrice, ingannando la giovane moglie americana affascinata dal suo intellettualismo. Nel romanzo capolavoro di James si delineano due ritratti della protagonista, uno relativo alla sua immagine pubblica, giovane ed indipendente ragazza americana- la vita che vive-, e l’altro dalle tinte mature, riflessive e tormentate dalle sue scelte sbagliate- la vita attraverso cui vive.

I personaggi sono in continua scoperta di se stessi e della realtà che li circonda. Questa curiosità per il mondo si traduce nella figura dello straniero. James in prima persona è stato “turista” per la maggior parte della sua vita trasferendosi in Inghilterra una volta finiti gli studi in America. Affascinato dalla cultura ricca di tradizioni e convenzioni europea, dota i suoi personaggi di un occhio raffinato per l’arte e per l’architettura, soprattutto italiana. I protagonisti americani sono più ingenui e inconsapevoli dell’etichetta europea e soprattutto dei stratagemmi con cui aggirarla senza conseguenze. In questo mi ricorda molto il noto regista hollywoodiano Woody Allen, il quale in film come Match Point o Midnight in Paris mette a confronto la cultura americana con quella europea in una serie di vicissitudini oscillanti tra il comico e il drammatico.

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Inoltre, come Henry James, anche il registra americano è affascinato dallo studio psicanalitico dei personaggi, ma si concentra su aspetti più legati alla patologia, come il complesso di Edipo o la paura dell’abbandono o le nevrosi, che vengono esasperati fino alla comicità nei personaggi (solitamente interpretati dallo stesso Allen). Al contrario James si sofferma sul ruolo dell’inconscio e sulla sua trasposizione letteraria e -in termini freudiani- sulla contrapposizione tra Es e Super-io.

In Match Point, ambientato a Londra, la giovane attrice americana Nola seduce e viene sedotta dall’aitante tennista Chris, il quale però non accetta di rinunciare ai suoi piani per entrare a far parte dell’alta società. Come in Ritratto di Signora la giovane donna è ingannata, anche se in modo diverso, e viene punita dagli altri per non aver rispettato le regole non scritte della società alto-borghese.
O come dimenticare Vicky Cristina Barcelona, in cui due giovani turiste americane vengono coinvolte nella focosa relazione con il pittore spagnolo Juan e la sua tormentata ex moglie Maria Elena. La libertà sessuale spagnola attrae e respinge Cristina, che alla fine preferisce cercare un’esperienza d’amore “normale”. Dopotutto la cultura americana contiene in sé anche un’anima puritana difficile da cancellare.

L’Europa è dipinta da entrambi, romanziere e regista, come un continente complesso, antico e pieno di misteri e folklore sconosciuti agli esterni. In verità, Woody Allen a chi gli chiede come mai ambienta la maggior parte dei suoi film in Europa risponde che è solo una questione di costi. Ci dobbiamo credere?
Mi sorprende come in un mondo così fortemente “americanizzato” un tema come quello della differenza culturale tra Nuovo e Vecchio Mondo sia ancora di interesse per la cultura cinematografica, o letteraria che sia. Probabilmente rientra nella necessità di un confronto generazionale tra una letteratura appesantita dai grandi classici come quella europea e una letteratura giovane e schietta come quella d’oltre Atlantico.

Henry James si può quindi definire iniziatore di questo dialogo continuo e resistente al tempo tra i due mondi occidentali. La sua particolarità e originalità, che vanno ben oltre le pagine dei suoi romanzi, viene raccontata Jorge Luis Borges in questo aneddoto sullo scrittore:

Ci rimangono due indimenticabili fotografie di Henry James, eseguite nel 1906 da Alice Boughton. La prima conserva per sempre l’immagine di uno sdegnoso gentiluomo dolente, che tenta invano di nascondere sotto eleganti attributi convenzionali-la tuba, il colletto inamidato e il bastone che sorregge le mani- ciò che denuncia il suo sguardo tristissimo: che è il più sventurato degli uomini. La seconda ci mostra Henry James nello stesso abbigliamento, che guarda, non senza sgomenta incredulità, il primo ritratto. Questo gioco, dell’uomo visto dagli altri, dell’uomo visto da se stesso, fu senza dubbio suggerito da James. Il viso che ciascuna fotografia recupera, corrisponde, stoico e assente, all’inesorabile immagine che l’opera lascia trapelare.

Henry James, circa 1906, the year he completed his revised version of <i>The Portrait of a Lady</i>

Henry James, circa 1906, di Alice Boughton

Valentina Villa

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