Day: 1 novembre 2015

EXPO 2015: Storia di una sbornia collettiva

E’ terminata ieri l’Esposizione Universale ospitata a Milano dal primo maggio scorso.
Organizzatori, istituzioni e la maggioranza dei commentatori hanno brindato al notevole e inaspettato successo: sono stati venduti più dei 20 milioni di tagliandi che rappresentavano l’obiettivo dichiarato, l’affluenza è stata dunque notevole, e nonostante le polemiche, scatenatesi nel corso della manifestazione, circa le dubbie metodologie di conteggio, prendiamo il dato per buono; inoltre secondo un’indagine della camera di commercio di Milano i commenti dei visitatori sono molto positivi: 9 stranieri su 10 si dichiarano entusiasti della città, definendola “da non perdere”, 7 italiani su 10 definiscono l’accoglienza della metropoli, visitata in funzione di Expo, “buona”; il prezioso e scientifico sondaggio in questione (basato sui commenti dei visitatori via Twitter) raccoglie un dato sconcertante e inaudito: Milano è amatissima dagli stranieri ed è in grado di gestire una grande affluenza di persone.
Secondo il Bureau International des Expositions (BIE), con sede a Parigi, “ Un’esposizione è una mostra che, qualsiasi sia il suo titolo, ha come fine principale l’educazione del pubblico: può presentare i mezzi a disposizione dell’uomo per affrontare le necessità della civilizzazione, o dimostrare i progressi raggiunti in uno o più settori dello scibile umano, o mostrare le prospettive per il futuro ». Ad opinione del comitato organizzativo, Expo è dunque un contenitore informativo di carattere scientifico/culturale, organizzato intorno ad un tema ben preciso, sul quale si avverte il desiderio o la necessità di informare i visitatori. Il tema dell’Esposizione appena conclusa, “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, presupponeva la trattazione approfondita di soluzioni ai differenti problemi, che affligono le diverse zone del pianeta, in merito all’alimentazione. Salvo poche eccezioni (padiglioni di Svizzera e Israele ad esempio) lo sviluppo tematico richiesto dalla natura stessa dell’Expo non si è potuto apprezzare; non solo è mancato un filo rosso, che potesse organizzare in modo coerente i vari padiglioni (la cui realizzazione, sia a livello materiale che contenutistico, è stata affidata con una delega in bianco ai paesi partecipanti) ma si è addirittura concesso loro, nella maggioranza dei casi, di risolvere la trattazione dei contenuti in una misera sponsorizzazione dei prodotti tipici della propria Nazione, con annesso invito a visitarne le bellezze; lasciando nel visitatore un tantino più accorto l’amara sensazione di esser finito in un’agenzia di viaggi e non nel padiglione di un’Esposizione Universale. Nonostante sia stato un’Expo assai povero dal punto di vista tecnico/scientifico e culturale, gli organizzatori e gli ideatori di questa manifestazione parevano consapevoli degli scopi da perseguire. Si legge sul sito ufficiale della manifestazione: “Expo Milano 2015 è l’occasione per riflettere e confrontarsi sui diversi tentativi di trovare soluzioni alle contraddizioni del nostro mondo: se da una parte c’è ancora chi soffre la fame (circa 870 milioni di persone denutrite nel biennio 2010-2012), dall’altra c’è chi muore per disturbi di salute legati a un’alimentazione scorretta e troppo cibo (circa 2,8 milioni di decessi per malattie legate a obesità o sovrappeso). Inoltre ogni anno, circa 1,3 miliardi di tonnellate di cibo vengono sprecate. Per questo motivo servono scelte politiche consapevoli, stili di vita sostenibili e, anche attraverso l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia, sarà possibile trovare un equilibrio tra disponibilità e consumo delle risorse”. Sublimi supercazzole di circostanza più che un reale intento programmatico. Tornando un po’ indietro con la memoria ricordiamo le parole dell’allora Sindaco di Milano Letizia Moratti, in un’intervista al Sole 24 Ore del 24 luglio 2009: “L’Expo è un progetto che si propone non solo obiettivi di crescita economica, ma anche di rafforzamento del dialogo interculturale e di responsabilità sociale nei confronti di paesi colpiti dal dramma della fame e della povertà. Milano deve essere uno snodo cruciale, un punto di riferimento per il sistema Italia e il mondo intero. L’Expo dovrà essere la proposta corale e condivisa di nuovi paradigmi per l’esistenza del mondo“. Rileggendo queste dichiarazioni viene quanto meno da sorridere ascoltando gli attuali trionfalismi dell’opinione pubblica; non si è visto nulla di tutto questo, e per di più, passeggiando per il Decumano, emergeva la grottesca contraddizione di questo evento: affidare visibilità e centralità a molte di quelle multinazionali, che a causa della loro spregiudicatezza hanno contribuito a causare quegli stessi problemi che l’Esposizione si era proposta di discutere, anche nel tentativo di comparare le diverse soluzioni eventualmente presentate.
Continuando nell’analisi di questo strepitoso successo nazional-popolare suscita un sentimento di tenerezza la manifesta inadeguatezza di alcuni addetti ai lavori, che ci regalano la granitica certezza che costoro non hanno compreso un accidente di cosa dovrebbe essere un’Esposizione Universale, e ci rendono un po’ più chiaro il motivo per cui ci ritroviamo a celebrare la vittoria di una gran Sagra Internazionale. Tra costoro c’è Giacomo Biraghi, responsabile delle relazioni digitali di Expo, che si esprime in questi termini in un intervista al quotidiano la Stampa: “strada facendo abbiamo imparato quanto valgono i contenuti deboli e popolari, quelli che non arrivano dall’alto o da istituzioni, ma diventano proprietà di tutti”. (altro…)

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