Organizzare un festival teatrale non è una cosa facile. Spesso realtà già affermate si trovano in difficoltà a causa della scarsità dei fondi o della mancanza di pubblico, e difficilmente progetti giovani riescono a farsi strada nel cuore degli spettatori e nella memoria degli operatori – anche se bisogna dire che quando avviene è sempre una grande festa, come nel caso di Direction Under 30 al Teatro Sociale di Gualtieri.
Comunque un festival è sempre un’occasione preziosa e un collettore che catalizza energie e progettualità nuove, ma a volte parlando con artisti e organizzatori può capitare di farsi prendere dallo sconforto.
Ma immaginiamo per un attimo una rassegna di teatro senza teatro, senza biglietto d’ingresso, addirittura senza palco ma con una finalità ben chiara, culturalmente e socialmente valida. Un luogo dove incontrarsi per conoscere artisti, spettacoli e persone generose e appassionate del loro lavoro.
Bene, potete smettere di immaginare. Un festival del genere esiste, si chiama Gemme e Tempesta e si svolge a Milano.
L’idea è nata dall’incontro tra una location di grande impatto, la serra urbana di Pietro Lorenzini in via dei Missaglia 44, e la Cooperativa sociale “I Percorsi” Onlus (sul cui sito ci sono tutte le informazioni sulla rassegna e la possibilità di prenotare i vari spettacoli), un’associazione che si occupa prevalentemente di disabilità in un luogo periferico della zona 5, un territorio caratterizzato da sacche di disagio sociale ma anche da grandi opportunità. Tra queste, d’ora in poi, sarà il caso di annoverare anche gli appuntamenti di Gemme e Tempesta, che si caratterizzano tutti per la grande qualità degli interpreti: ci troviamo infatti di fronte a parecchi nomi di calibro, tra i quali
- il 15 novembre Antonella Questa, attrice, autrice, traduttrice. Il suo spettacolo Vecchia sarai tu (una prima nazionale) è la storia di una donna di ottant’anni che come Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve, partorito dalla penna di Jonas Jonasson, scappa dalla casa di riposo. Al contrario di Allan, però, la protagonista della pièce fugge per ritornare alla tranquillità della sua vita domestica, in un susseguirsi di episodi comici ma dal sapore amaro che costellano un viaggio alla scoperta di come oggi una donna vive la sua età e l’avanzare inesorabile del tempo. Con una domanda piuttosto pressante: abbiamo il diritto di invecchiare?
- il 22 novembre Mariangela Gualtieri, poetessa. Questa domenica è dedicata ad un “rito sonoro” in versi per il teatro, Bello mondo, titolo di un suo componimento che riporto a mo’ di introduzione:
Bello, bello, bello mondo, bello ridere di
mondo in luce mattutina in
colorazione di mondo con stagioni e
popolazione e animali. Bello mondo
questo ricordo, questo io lo ricordo
bello, molto bello mondo, con cielo
diurno e notturno, con facce che
mi piacevano e musi e zampe e
vegetazione che mi sospirava e mi
sospirava leggera leggera, tirando
via chili e scarponi interiori che mi
infangavano, tirando via ferri da stiro
che mi portavo nel petto, e gran pulitura
di dentro. Bello, questo io lo ricordo
bello.Io ho avuto soccorso a volte da
una piccola foglia, da un frutto così
ben fatto che dava sollievo a mio
disordine di fondo. Sì sì.(da Fuoco centrale e altre poesie per il teatro, Torino, Einaudi, 2003).
- il 13 dicembre Teatro dell’Orsa, che ci propone uno spettacolo davvero prezioso, Questo è il mio nome. Prezioso per il pubblico, certo; ma prezioso anche per chi lo interpreta – ed è meraviglioso quando il valore del teatro è condiviso. Gli attori sono infatti richiedenti asilo e rifugiati, tra i 20 e i 30 anni, provenienti dall’Africa sub-sahariana, una terra che risuona degli echi di mille e mille narrazioni; attraverso l’energia di queste evocazioni sembra di sentire la voce roca di un vecchio griot, cantore dall’aura di sacralità, mescolarsi alle grida oscene dei nuovi migranti.
- il 10 gennaio la compagnia Carullo-Minasi, una coppia di attori che si definisce “dalle dimensioni ridotte” ma che ciononostante è capace di portare in scena un mistero di vita, come solo due passi separino ogni piccolo uomo dal baratro. O forse, dalla liberazione.
Per una recensione completa, qui la mia opinione per il Bloggo in occasione di PlayFestival2.0 - il 7 febbraio il duo Garlaschelli&Sarchi, attrici e scrittrici in Sex and disabled people, un reading teatrale reading che ha come tema sessualità e disabilità. Argomento trattato spesso come un tabù, affrontato da un punto di vista “tecnico” e medico, oppure come un “problema” che coinvolge anche la morale, qua il punto di vista è invece quello comico, ironico, dissacrante e poetico di due scrittrici disabili, ma sempre col sorriso sulle labbra.
Monica Morini, artista di Teatro dell’Orsa che ha accettato la sfida della direzione artistica di una rassegna tanta inusuale, cita Alda Merini per suggerire un senso del titolo scelto per il progetto
Qui è passata una gemma o una tempesta, una donna avida di dire disse cose notturne e delicate
Un altro senso profondo del progetto è coltivare incontri, trovare un tempo strappato al tempo in cui mettersi in ascolto della fragilità da cui sboccia la bellezza, il filo rosso che attraversa gli spettacoli in rassegna.
Altre parole poetiche che danno un valore al tempo passato nella serra tra i percorsi di fiori sono quelle di Possibilità, una poesia di Wisława Symborska per evocare la fatica e la bellezza di essere umani.
Preferisco il cinema.
Preferisco i gatti.
Preferisco le querce sul fiume Warta.
Preferisco Dickens a Dostoevskij.
Preferisco me che vuol bene alla gente, a me che ama l’umanità.
Preferisco avere sottomano ago e filo.
Preferisco il colore verde.
Preferisco non affermare che l’intelletto ha la colpa di tutto.
Preferisco le eccezioni.
Preferisco uscire prima.
Preferisco parlar d’altro coi medici.
Preferisco le vecchie illustrazioni a tratteggio.
Preferisco il ridicolo di scrivere poesie, al ridicolo di non scriverne.
Preferisco in amore gli anniversari non tondi, da festeggiare ogni giorno.
Preferisco i moralisti che non promettono nulla.
Preferisco una bontà avveduta a una credulona.
Preferisco la terra in borghese.
Preferisco i paesi conquistati a quelli conquistatori.
Preferisco avere delle riserve.
Preferisco l’inferno del caos all’inferno dell’ordine.
Preferisco le favole dei Grimm alle prime pagine.
Preferisco foglie senza fiori che fiori senza foglie.
Preferisco i cani con la coda non tagliata.
Preferisco gli occhi chiari perché li ho scuri.
Preferisco i cassetti.
Preferisco molte cose che qui non ho menzionato
a molte pure qui non menzionate.
Preferisco gli zeri alla rinfusa che non allineati in una cifra.
Preferisco il tempo degli insetti a quello siderale.
Preferisco toccar ferro.
Preferisco non chiedere per quanto ancora e quando.
Preferisco considerare persino la possibilità
che l’essere abbia una sua ragione.
E dopo aver letto questi versi, sono sicuro che andrò a Gemme e Tempesta.
Giulio Bellotto
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