Inside Out: Il Cervello Emotivo e la riscoperta della tristezza

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L’ultimo capolavoro Pixar, diretto da Pete Docter, ha un’ambientazione del tutto originale e mai vista: il cervello.
Con Inside Out il mondo dell’animazione si avvicina all’anatomia, probabilmente prendendo alla lettera l’espressione “introspezione psicologica dei personaggi”, e indaga l’elaborazione di un evento traumatico (il trasferimento dal Minnesota a San Francisco) in una bambina di undici anni, Riley.
La ricostruzione del cervello e del suo funzionamento è piuttosto accurata: Pete Docter si è informato sulle moderne teorie neuropsicologiche, che attribuiscono un ruolo centrale alle emozioni nella formazione della personalità. Conoscere le emozioni è molto importante per capire la complessità della nostra individualità e dei nostri comportamenti. E’ evidente il riferimento alla teoria categoriale di Ekman, secondo cui l’esperienza emotiva umana è riconducibile ad alcune famiglie di emozioni base che sono implicate nel modo in cui noi gestiamo le diverse situazioni della vita. Queste emozioni sono sei: rabbia, gioia, tristezza, paura, disgusto e sorpresa. Nel film sono rappresentate solo le prime cinque sotto la forma di divertenti personaggi antropomorfi – ricordano un po’ Esplorando il Corpo Umano- che gestiscono tutti gli stimoli percepiti dalla bambina in un centro di controllo dentro il cervello. Inoltre la caratterizzazione di questi “omini emozione” prende spunto da un’altra teoria sulle emozioni (Plutchik,1994) per cui ognuna di queste emozioni base è identificata con un comportamento di tipo adattivo, per cui Rabbia corrisponde ad un comportamento di distruzione, Disgusto di rifiuto- che schifo i broccoli! -, Paura di protezione, Gioia di riproduzione e Tristezza di reintegrazione.

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Un altro aspetto che non è stato trascurato è la provata influenza che le nostre emozioni hanno sulla registrazione dei ricordi. Il centro di controllo rappresentato dal film gestisce anche la formazione dei ricordi e il loro recupero. Gli eventi esperiti vengono immagazzinati in quella che si chiama memoria a lungo termine, un enorme magazzino che viene spesso aggiornato eliminando i ricordi più vecchi. In Inside Out nessun dettaglio viene lasciato da parte, infatti anche il processo di decadimento dell’informazione mnemonica viene descritto in modo semplice ed efficace: ricordi più sbiaditi del nostro magazzino vengono buttati dagli “addetti della memoria” in un grande burrone buio, l’oblio. Tra l’altro sappiate che i jingle pubblicitari non verranno mai eliminati.

Vi rinfresco la memoria con questa pubblicità degli anni 2000.

Memoria e apprendimento sono funzioni cognitive fondamentali per la costruzione della nostra individualità e per questo non c’è da sorprendersi che Gioia cerchi in tutti i modi di filtrare lei stessa le informazioni elaborate da Riley in modo da mantenere intatta la sua personalità allegra e vivace. Come spesso accade nulla funziona come previsto, e dopo che la famiglia di Riley decide di trasferirsi a San Francisco, Gioia perde il controllo della “consolle delle emozioni” nel tentativo di tenere a bada Tristezza. Entrambe le emozioni precipitano fuori dalla stazione di controllo e finiscono nella memoria a lungo termine, dove inizierà la loro avventura nelle diverse aree cerebrali. Durante il loro viaggio Gioia e Tristezza attraversano il villaggio dell’immaginazione, dove vivono i fidanzati ideali,  il centro di creazione sogni, rappresentato come un set cinematografico, e anche l’inconscio, molto politically correct- è comunque un film per ragazzi.
Quest’avventura all’interno della mente racchiude in sé la forza della storia che si propone di riabilitare il ruolo di Tristezza, un’emozione necessaria per la crescita e la maturazione della bambina. Come ho detto prima, la tristezza è associata al comportamento adattivo di reintegrazione, che significa ripristino e riabilitazione, ovvero una sorta di meccanismo di difesa che ristabilisce l’ordine emotivo sconvolto. Come si vede in alcune sequenze piangere, uno dei comportamenti più caratteristici della tristezza, è un modo per reagire ad un trauma, ad esempio il trasloco in una città nuova, ma anche utile per la elaborazione di un lutto o di una perdita. Il potere consolatorio della tristezza è essenziale per poter affrontare i cambiamenti della vita e per superare la nostalgia del passato senza dimenticarne l’importanza.

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Tristezza riesce a consolare Bing Bong, l’amico immaginario di Riley.

Così alla fine Gioia capisce che per tornare alla stabilità emotiva iniziale non bisogna confinare la tristezza, bensì lasciare che anch’essa prenda parte alla crescita di Riley.
Ciò che rende il film interessante e profondo nella sua semplicità è proprio questo, l’elogio della tristezza, un sentimento che spesso nei film e nelle serie televisive per ragazzi viene trascurato.
Poco tempo fa internazionale ha pubblicato un interessante articolo di Christian Raimo, che analizza la serie televisiva, firmata Disney Channel, Violetta, diventata un cult per le ragazzine di tutto il mondo. Quello che colpisce di questa serie è che gli unici valori proposti sono quelli di sorridere sempre, crederci sempre ed essere sempre se stessi; valori di per sé positivi ma che dimenticano l’umanità della persona e la complessità della vicenda umana fatta di emozioni e sentimenti diversi, i quali non possono essere semplicemente nascosti dietro ad un sorriso. Riley non è una bambina depressa, introversa o “diversa”, ma sta affrontando un momento della sua vita, una situazione di cambiamento, in cui essere allegra e sorridente non le è d’aiuto; accettare la propria tristezza e nostalgia non significa rinunciare ad essere se stessi, ma arricchire la propria identità con la consapevolezza di alcuni aspetti che ci appartengono.

In Inside Out la fragilità umana non viene nascosta, ma esaltata e raccontata con sensibilità e dolcezza. Il risultato è un film raffinato, che regge bene il confronto con gli altri film d’animazione Pixar diretti da Pete Docter, come Monsters & Co e Up, i quali hanno però una trama più movimentata e risultano più commoventi. In questo caso nessun cattivo viene sconfitto, ma non manca il lieto fine che attiverà i vostri gangli alla base, strutture corticali coinvolte nei sentimenti di gioia.

Valentina Villa

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