In psico-linguistica esiste una teoria chiamata garden-path sentence: quando leggiamo una frase costruiamo il suo significato parola per parola e solo alla fine è possibile dare un’interpretazione corretta di cosa vuol dire. Questo è ciò che accade guardando i quadri di Rob Gonsalves, in cui ogni disegno si trasforma in qualcosa di diverso.
L’artista canadese studia i grandi del surrealismo, Dalì e Tanguy, ma si ispira soprattutto a Magritte e a Escher, di cui è molto evidente l’influenza nei suoi quadri. Infatti piuttosto che surrealismo, il termine che meglio descrive il suo lavoro è “Magico Realismo”, poiché egli parte dalla realtà del mondo esterno per descrivere l’impossibile, l’illusione e l’onirico. L’occhio rimane sorpreso dalla prospettiva di questi quadri che ingannano e giocano con la nostra percezione; ecco una selezione dei suoi lavori.
Magico Realismo è un’espressione che ha identificato una variegata molteplicità di opere a partire dal primo Novecento. Il suo primo utilizzo risale al 1925, ad opera del critico tedesco Franz Roh che descrisse l’insolito ed esasperato realismo di pittori della Nuova Oggettività. Questi artisti si caratterizzavano per un tersa e minuziosa resa dei più piccoli dettagli, e realizzavano rappresentazioni dall’effetto straniante che richiamavano la corrente italiana del ritorno all’ordine degli anni venti, rappresentata da movimenti come Novecento, o dalla rivista Valori plastici e, sotto alcuni aspetti, dalla pittura metafisica di De Chirico.
Il risultato più evidente di queste influenze è ravvisabile quindi nel rifiuto delle avanguardie in favore di un ritorno alla tradizione figurativa della classicità rinascimentale italiana del Trecento e del Quattrocento: cura nei particolari e salda definizione spaziale. Gli scenari del Magico Realismo sono immobili, incantati, immersi in una sospensione di tempo e spazio quasi sovrannaturale; i personaggi vivono una situazione di classicità assorta e spesso dall’effetto inquietante e parossistico, come si può vedere in Gonsalves.
Paesaggi e situazioni del genere rappresentano bene anche la tendenza nordeuropea di approcciarsi a questo genere di realismo con istanze di più carica ed intensa drammaticità, come accadde in artisti quali Christian Schad, che fecero del Magico Realismo una particolarità post-espressionista o surrealista.
In America, una poetica visiva simile si sviluppò a partire dagli anni trenta in forma di diretta dipendenza da correnti più nazionali come il Precisionismo di Charles Sheeler e Georgia O’Keeffe o da artisti U.S.A. doc quali Edward Hopper. Ma ancora una volta, la pittura magico-realista offre un punto di vista alternativo e peculiare, per quanto parallelo, all’american way of life.
Queste rappresentazioni ottengono un effetto straniante proprio perché pur avvalendosi di un estremo naturalismo, grazie all’aggiunta di elementi surreali o paradossali generano un’atmosfera sottilmente misteriosa, trasmettendo un senso di irrealtà. Nel mondo anglofono questo stile pittorico si è diffuso ed è stato apprezzato in seguito alla mostra American and Magic Realistes, tenutasi nel 1943 presso il Museum of Modern Art di New York. Il direttore del museo, Alfred Barr, scrisse che
il termine Realismo Magico talvolta si riferisce all’opera di pittori che servendosi di una perfetta tecnica realistica cercano di rendere plausibili e convincenti le loro visioni improbabili, oniriche o fantastiche.
Non si può infine dimenticare che il Magico Realismo ha avuto rilevanti echi in letteratura, e proprio come in pittura è nato come opera d’arte contro-avanguardista per poi diventare parte integrante della cultura pop. L’esempio principe degli sviluppi letterari magico-ralisti è senza dubbio il celebre Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez, ma molti altri autori si sono confrontati con questo genere, anche se alla luce degli ultimi successi letterari di Isabel Allende bisogna riconoscere che la sua patria d’elezione sia l’America latina.
Ed ora, vi lasciamo al talento di Rob!
Giulio Bellotto e Valentina Villa
molto molto belli
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