Che ci fosse aria di cambiamento al teatro alla Scala di Milano già lo si era capito con la volontà da parte di Riccardo Chailly, nuovo direttore musicale del teatro, di rappresentare la Turandot di Puccini la sera della vigilia del primo giorno di EXPO 2015, una sorta di “seconda prima” della stagione data l’importanza dell’evento. Ora con l’annuncio del programma per la stagione 2015/2016 l’impronta che Chailly vuole dare al suo operato è confermata: ripresa del repertorio italiano con occhio sia al passato poco conosciuto, che al moderno. Potremmo definire Chailly un innovatore e un “riscopritore”, ma allo stesso tempo un classico.
Innanzitutto si nota una sorta di snellimento del programma, se nel 2014/2015 le opere andate in scena sono state ben 19 e 7 i balletti, con la stagione nuova saranno 15 le opere e 6 i balletti. È vero che Expo a Ottobre finirà e dunque il teatro tornerà a regimi normali di rappresentazione (non più uno spettacolo per ogni sera), ciononostante una diminuzione di 6 spettacoli da un anno all’altro non è di poco conto. In secondo luogo, se Daniel Barenboim, uscente direttore musicale, ha voluto rappresentare in 4 anni di direzione come prime opere del cartellone ben 3 opere “straniere” (Fidelio-Beethoven nel 2014, Lohengrin-Wagner nel 2012, Don Giovanni-Mozart nel 2011, solo nel 2013 fece La Traviata di Verdi, costretto dal fatto che ricorresse proprio in quell’anno il bicentenario dalla nascita del maestro di Busseto), ecco che Chailly ci propone come prima opera del cartellone una specie di inedito per il teatro scaligero: Giovanna D’Arco di Giuseppe Verdi. Italia dunque, e con coraggio. L’opera, che esordì alla Scala nel 1845, è dal lontano 1865 che non viene rappresentata a Milano. Una scelta audace sicuramente e molto interessante. Una scelta che va a confermare l’interesse per la messa in scena di spettacoli propri del nostro territorio e della nostra cultura. Una scelta che va ad innovare il panorama dell’offerta operistica recente con qualcosa di passato. Subito dopo c’è il Rigoletto, con il sempre-verde baritono Leo Nucci, nei panni del buffone di corte. Sempre di Verdi nel programma ci sono anche Simon Boccanegra e I Due Foscari (dove Placido Domingo sarà accompagnato da giovani e talentuosi cantanti italiani) per un totale di ben 4 opere verdiane in calendario. Ma il repertorio italiano non finisce qui, in programma ci sono anche La Fanciulla del West di Puccini, spettacolo che si preannuncia molto interessante in quanto l’intera partitura dell’opera verrà rivista da Chailly a correggerne le modifiche apportate da Toscanini, L’ Incoronazione Di Poppea di Monteverdi (la stessa della stagione in corso), e La Cena Delle Beffe di Umberto Giordano. Il programma poi è completato da Le Nozze Di Figaro, Händel per il ciclo barocco, Strauss, Ravel e Gerschwin con la versione rivisitata da parte del direttore Nikolaus Harnoncourt (alla musica) e il fratello Philipp (alla regia) di Porgy e Bess. Infine c’è un’opera moderna del polacco Kyörgy Kurtag, a voler confermare l’interesse della Scala per le nuove composizioni come visto già quest’anno con CO2 di Giorgio Battistelli. Per quanto riguarda i balletti, oltre ai classici sempre validi abbiamo Il Giardino degli Amanti nuova produzione con musiche di Mozart, di cui cade nel 2016 il 225esimo anniversario dalla morte.
Insomma il programma è sicuramente incentrato sul repertorio italiano e in particolare sulla riscoperta di alcuni lavori trascurati negli ultimi anni, primo tra tutti la ripresa di Giovanna D’Arco, opera di cui sinceramente non conoscevo nemmeno l’esistenza. Continuano invece dei cicli già incominciati negli anni precedenti: opere di repertorio barocco (Monteverdi e Händel) ma allo stessa la scoperta del moderno 1900 (Giordano, Gerschwin e Ravel) fino all’attuale, con l’impegno di proporre ogni anno almeno un’opera contemporanea. Una sola cosa mi è dispiaciuta… Mi sarebbe piaciuto, tra le opere del nostro repertorio, vedere in calendario un’opera buffa. Un’opera buffa per stagione non fa mai male penso, ad esempio un Rossini un po’ meno conosciuto come Il Signor Bruschino o L’Inganno Felice, opere che non vediamo da tempo a Milano, non penso avrebbero sfigurato. Magari con qualche nuova produzione innovativa. Avevo molto apprezzato la farsa L’Occasione fa il Ladro di Rossini nel lontano 2010, ma rimango fiducioso di vederne qualcuna nei prossimi anni!
Sebastiano Totta