La seconda vita del Teatro Continuo di Burri 

Siamo nel lontano, ma non troppo, 1973. A Milano, in occasione della XV Triennale, Alberto Burri, artista già da tempo noto a livello internazionale, progetta e costruisce il suo Teatro Continuo che alla fine della celebrazione viene donato ai cittadini del capoluogo lombardo.
IMG_4375L’opera è costituita da 6 quinte d’acciaio rotanti, su basamento di cemento lungo 17 m e largo 10 m, posizionata in quel polmone verde al centro della città che è il Parco Sempione, tra il Castello Sforzesco e l’Arco della Pace. L’intervento di Burri va letto anche all’interno di un processo di sensibilizzazione e di fruibilità estetica del parco – all’interno del quale si situano anche i Bagni Misteriosi di De Chirico e la Seduta di Arman – per i cittadini.

Alberto Burri, nato nel 1915 a Città del Castello in Umbria, racchiuse in questo progetto, fondendoli, due attitudini e interessi che aveva sviluppato fino a quel momento e che poi avrebbe esponenzialmente approfondito: la curiosità verso il teatro e l’installazione ambientale, che in alcuni casi sfocerà in Land Art.
Burri, ufficiale medico, durante la seconda guerra mondiale, iniziò a dipingere proprio durante il periodo di reclusionein un campo di prigionia del Texas, dopo essere stato catturato dagli americani. Nel 1947 espose nella sua prima personale a Roma e del 1952 è il Grande Sacco che presentò alla sua prima Biennale di Venezia. Artista indipendente che la critica tentò più volte di etichettare senza troppi risultati (informale, concettuale, arte povera), ospitò nel 1952 Rauschenberg nel suo studio di Roma, e ottenne il riconoscimento internazionale l’anno seguente con due mostre a Chicago e New York.

Celebri sono i suoi sacchi integrati all’interno della tela o la serie delle Combustioni che inizierà nel 1957, bruciando con una fiamma materiali differenti, dal legno alla plastica, e dimostrando quanto fosse centrale all’interno della sua poetica il tema della consunzione e del logoramento della materia, letta come metafora esistenziale. Questo indirizzo sarà confermato, poi, anche negli anni seguenti, quando inizierà i Cretti, superfici sulle quali si dipanano infinite crepature, utilizzando un impasto di caolino e colle viniliche, che ricordano terreni argillosi con crepe dovute alla siccità. Il più celebre Cretto è sicuramente quello di Gibellina, in Sicilia, realizzato tra il 1984 e il 1989. Nel 1968 la città venne drammaticamente sconvolta da un terremoto che la distrusse completamente e che provocò morte e devastazione. Il sindaco di Gibellina si prodigò perché la ricostruzione comprendesse interventi artistici che aiutassero a rendere degna memoria della strage. Tra gli altri artisti attivi in questo progetto, infatti, oltre a Burri, figuravano anche Mario Schifano, Arnaldo Pomodoro e Mimmo Paladino. Burri progettò il Cretto di Gibellina, di un’estensione di 12 ettari. Dopo aver fatto ricompattare le macerie degli edifici, fece colare su di essi cemento fresco congelando in questo modo la memoria di quella catastrofe. La superficie ha delle scanalature che la rendono una sorta di labirinto svelato, formando un cammino spaesante nel ricordo e nella privata riflessione. Per certi versi può essere visto come il padre del Memoriale della Shoah di Berlino, progettato da Peter Eisenman e inaugurato nel 2005.

Parallelamente a questa attività, Burri iniziò collaborazioni con teatri italiani, occupandosi nel 1963 delle scene e dei costumi del balletto “Spirituals” per orchestra con la coreografia di Mario Pistoni, al Teatro alla Scala di Milano. Nel 1972 lavorerà per il Teatro dell’Opera di Roma e nel 1975 per il Teatro Regio di Torino.
In linea di continuità con il suo percorso, Burri, nel 1973, come già ricordato, installerà il Teatro Continuo. La struttura, nata “per la libera espressione teatrale”, andava a formare una sorta di corrispettivo dello Speakers Corner di Hyde Park, simbolo londinese della libertà d’opinione, in chiave però più dichiaratamente estetica e contemplativa. Tuttavia, nel 1989 la giunta milanese stabilì di smantellare il Teatro Continuo a causa della condizione di degrado che aveva raggiunto, destando comprensibilmente l’ira funesta di Burri, il quale decretò che mai più avrebbe esposto a Milano.

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Nel 2014 la giunta di Milano ha stabilito di ricostruire il monumento di Burri, seguendo i disegni dell’artista, garantendo con tale azione sia il ritorno del Teatro Continuo all’interno del patrimonio dei cittadini, come luogo di scambio culturale, sia un omaggio ad Alberto Burri, morto nel 1995, per il quale quest’anno ricorre il centenario della nascita. L’annuncio ha tuttavia destato immediatamente lo sdegno di parte dei milanesi, che si dicono profondamente indignati per quella che è stata definita una “colata di cemento sul Sempione” e “il Teatro della Discordia”. Tra i dissidenti figura peraltro anche il noto Stefano Boeri.
Nonostante tutto ciò, i lavori sono iniziati e dovrebbero terminare, come molti altri, per maggio, allo scoccare dell’ora EXPO. Nonostante non voglia necessariamente immettermi nell’accesa e violenta dialettica sorta negli ultimi mesi sul caso, penso che la struttura abbia un potenziale incredibile per noi milanesi.
Oltre al valore storico e culturale che il Teatro Continuo porta con sé, esso potrebbe ritornare ad essere il piedistallo di una cultura relazionale, accessibile a tutti in modo sia attivo che passivo, riconfermando la profondità e la forza di quell’estetica relazionale di cui parla Nicolas Bourriaud e la sua importanza come stimolo emomento di aggregazione sociale. Il futuro del Teatro Continuo di Burri è ignoto, ad esso è stata fornita una seconda vita e possibilità, ora sta a noi decidere se sfruttarla o meno.

Bernardo Follini

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