Un racconto a episodi che sa di inconcluso svapora la provincia, nello specifico la cittadina di Rimini, in buoni sentimenti e retorica assortita.
I quadri filmici di una vita fittizia costruita attraverso immagini, stereotipi e monologhi poco incisivi non riescono a dare l’immagine di una terra madre ma piuttosto dipingono un paesaggio, è il caso di dirlo, tipicamente adriatico in cui un mare di parole dal colore e dal significato incerto fluiscono confondendo il pubblico.
I due filoni su cui prosegue lo spettacolo, gli inserti video e l’interpretazione delle pur brave Tamara Balducci e Linda Gennari, non dialogano e ciò pesa sulla riuscita di un’operazione di “recupero della memoria cittadina, di una minima epopea umana fatta di ritratti, tenerezza, esistenze comuni e sensibilità”. Non si vede quasi nulla di quanto annunciato dalle note di regia di cui vi abbiamo proposti un breve passo; piuttosto sembra che né la drammaturgia né tanto mento la sua messa in scena siano in grado di superare una superficialità ed un gusto retrò-naif che sono piuttosto la cifra di una certa modernità televisiva.
Giulio Bellotto